Domenica 16 Ottobre 2011 12:19
di Enrico Pazzi
Nella mattinata di ieri, mentre a Roma migliaia di giovani si preparavano alla manifestazione degli Indignati, me ne sono andato alla “Casa del Quartiere” del IV municipio ad intervistare David Tozzo, presidente dell’associazione Acorn Italia. Ho fatto ciò, convinto di dare il mio contributo a quella che molti chiamano “rivoluzione”. Dando visibilità ad un’associazione che da un mese circa fa servizio di sportello per divulgare attivamente una legge che dà la possibilità ai cittadini di far valere i propri diritti di inquilini a fronte di un contratto di affitto a nero (i particolari dell’inizitiva nell’intarvista che sarà pubblicata domani su Roma2013.org).
Acorn Italia con questa iniziativa sta dando il via ad una delle tante “nuove rivoluzioni”, le cui caratteristiche sono quelle di muoversi nella legalità, producendo effetti altamente incisivi sul tessuto economico e sociale del nostro Paese. Un fatto concreto, l’emersione degli affitti a nero, e trasversale rispetto agli schieramenti politici, perché interessa tutti coloro che sono strozzati dagli affitti a nero. Un fatto quindi non strumentalizzabile da alcuno, perché legale e condiviso da gran parte della comunità civile.
A ben guardare, soprattutto all’indomani della manifestazione di ieri a Roma, una sola è la rivoluzione possibile ed auspicabile in un Paese che è rimasto vecchio: la rivoluzione culturale. Come scrisse una nostra redattrice due anni fa (clicca qui), il nostro Paese ha bisogno di una “Rivoluzione lenta”. E qui cito quell’articolo, “Se i modelli rivoluzionari che hanno guidato le generazioni passate sono falliti è perchè in essi si assumeva la rivoluzione quale evento immediatamente tangibile. Un atto liberatorio ed idealizzato, quindi privo di maturazione ed esterno alle coscienze. O peggio ancora, un concetto sbandierato per coinvolgere le masse, usando il populismo a vantaggio degli interessi privati. La vera rivoluzione a cui bisognerebbe ambire è innanzitutto una rivoluzione culturale che passi attraverso una presa di coscienza, un’assunzione di responsabilità e che comporti tolleranza per la frustrazione”. Come a dire che le proteste di piazza soddisfano certo nell’immediato un bisogno di espressione del dissenso, avendo in sè l’elemento subdolo della catarsi. Ma poi, a livello pratico, nella società nulla o poco cambia.
Se poi, si prende coscienza che nel nostro Paese le manifestazioni di piazza sono da sempre state un mezzo attraverso cui dare un’immagine violenta delle rimostranze di protesta, anche quelle più giuste, con l’utilizzo di manifestanti violenti preparati all’occorrenza, si capisce bene come gli effetti sperati di cambiamento dello status-quo siano irrealizabili. Un’utopia. Una chimera. Come diceva qualcuno, “Le vie dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni”.
Ho quindi scelto di dare il mio personale contributo alla “rivoluzione lenta”, preferendola a quella “rock” di piazza, intervistando David Tozzo di Acorn Italia, proprio perché quest’ultimo rappresenta, con l’attività che sta portando avanti insieme ai suoi, tra i tanti casi di impegno civile che già ci sono nel nostro Paese, un pezzo di quella nuova generazione che vuole realmente cambiare la faccia del nostro Paese. Lentamente, ma inesorabilmente. Senza happening di impatto visivo, ma con costanza. I ragazzi di Acorn Italia, ad esempio, fanno la loro rivoluzione non in piazza, ma seduti davanti ad un Pc, dialogando e dando supporto a chi soffre un disagio di ordine pratico.
Così come vogliono cambiare il nostro Paese i cittadini di Fidene e Villa Spada che hanno protestato contro i miasmi provenienti dal Centro Ama Salaria, non con manifestazioni di piazza, ma riunendosi in assemblea e richiamando alle proprie responsabilità le istituzioni. Proprio venerdì hanno raggiunto un importante risultato: l’Ama ha dichiarato, dopo mesi di totale disiniteresse da parte delle istituzioni, che l’impianto ha necessità di un milione di euro di interventi. Di fatto ha ammesso che quel centro di produzione di ecoballe, che poi vengono bruciate per la produzione di Cdr (combustibile derivato dai rifiuti), non è a norma. Altrimenti perché spendere un milione e passa di euro?
E quindi ci troviamo dinnanzi ad una dicotomia. La protesta contigente di piazza, con tutte le controindicazioni del caso (vedi i manifestanti violenti, l’uso strumentale delle masse da parte di uno o dell’altro Partito) da una parte, e l’impegno quotidiano, impassibile e costante e massimamnete rivoluzionario dalla’altra.
Come a dire, l’innondazione improvvisa e, in molti casi, distruttrice, a fronte di una sottile goccia cinese. La goccia cinese sarà capace nel tempo di scavare un solco nelle roccia, plasmandola in una nuova forma. L’innondazione, al contrario, sarà capace solo di fare danni, lasciando ben poco a futura memoria.
In tutta coscienza, tenuto conto dell’uso strumentale delle frange violente ed eterodirette durante le manifestazioni, composte per lo più di persone pacifiche, si può dire che l’impegno quotidiano e legale, ha maggiori effetti sulla cittadinanza.
In definitiva, lo scatto culturale deve essere quello per cui ognuno faccia il suo nel proprio ambito, non cercando ribalte, ed agendo secondo una sana etica civica. Questa è la rivoluzione che i poteri consolidati e vecchi del nostro Paese non si augurano. Questa è la “rivoluzione lenta” che li farà andare a casa. Al netto di ogni Partito o partitino che vuole cavalcare le rimostranza di piazza.
A futura memoria.
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